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Giungere al confine

Come accettare i propri limiti e spingerli un po' più in là

Il famoso corso è cominciato da poco più di un mese, ed io sono giunto al confine.

Sapevo fin dal giorno in cui ho deciso di farlo che prima o poi mi ci sarei scontrato, ma mai avrei pensato che avrebbe avuto un impatto così pesante. Tutto questo deriva dal fatto che la principale materia con cui trattavo giornalmente, l'informatica, è una scienza, fatta di logica e best-practices, dove troverai sempre qualche persona o qualche grossa azienda che è uno standard per un certo tipo di attività. Si può misurare in mille modi diversi: prestazioni, numero di righe, velocità, risorse utilizzate, persino la qualità dello stesso codice si può misurare programmaticamente. Tutta questa serie di parametri servono a darti un'idea della tua posizione nella lunghissima scala degli sviluppatori, creando de facto uno standard per potersi comparare con gli altri.

Il mio problema invece non è questione di non capire qualcosa, di non arrivarci con la testa, dell'essere stupido. Si tratta di arte. Non ho mai disegnato in vita mia, ma proprio mai. Non mi ha mai attirato la cosa, o meglio: la cosa mi attirava, cercavo un mezzo per rappresentare le mie fantasie, ma dalla mia mano non è mai venuto fuori niente di buono. La cosa più complessa che ho mai disegnato sono stati dei circuiti elettronici, figurati che arte. Non avevo il talento, il pallino per il disegno, e probabilmente non l'avrei mai avuto.

Con questa cosa si può sopravvivere, non si può essere i migliori in tutto, a patto che non si sia competitivi fino alla testardaggine. Come me, per esempio. In quel caso, la prima volta che ti confronti con questo tuo confine, questo ti spezza le gambe, ti arriva dritto alle ginocchia azzoppandoti, non facendoti dormire la notte dal dolore e dal dubbio di non aver fatto la scelta giusta. Ti trovi ogni giorno a dominare lo schifo di istinto che ti ritrovi, che prova un'invidia accecante nei confronti di quelli che riescono senza problemi. Non è un'invidia sana, di quella che ti sprona e ti dà energia per dare il meglio, ma quella maligna, cattiva e stronza, tipo un demone che ti sussurra continuamente all'orecchio che non ce la farai mai. E poi ti intestardisci e ti impunti, perpetrando i tuoi errori, convinto ciecamente che continuare a sbagliare senza chiedere aiuto sia la strada giusta per migliorare, arrabbiandosi con chissà chi perché dopo ore che provi i risultati continuano a fare schifo.

Sto facendo una fatica folle ad imbrigliare l'istinto ad odiare le persone migliori di me, perché con estrema calma ed impegno ho compreso che il talento non è tutto: c'è anche una grossa dose di esercizio, ed ogni tipo di disciplina è formata da queste due componenti. Con l'attitudine ed il talento ci nasci, poco da fare, e probabilmente io mi stavo accapparrando i vizi quando distribuivano i talenti, però l'esercizio puoi farlo anche post-nascita, continuamente, e più ne fai più migliori. Ed è questa la strada che intendo seguire.

Giusto un paio di giorni fa ho visto uno strano video nel canale di un 3D artist che seguo su YouTube. Si trattava di uno di quei video motivazionali con un titolo del cazzo, tipo "How to learn everything". All'inizio non gli ho dato un centesimo, però dato che avevo dieci minuti buchi me lo sono guardato: non mostrava il trucco supremo per imparare qualsiasi cosa, non esiste nessuna magia tale. Spiegava invece un metodo intelligente per pianificare l'apprendimento di una nuova disciplina, in modo di avere tutte le carte in regola e la giusta forza di volontà per portare a termine lo studio.

Si tratta di un semplice metodo diviso a tre fasi: la ricerca, la fede (chiamata belief nel famoso video) e l'esecuzione. Sono tre step sequenziali ed è assolutamente necessario passarli tutti e tre in questo preciso ordine.

La ricerca è semplicemente l'accumulo di materiale su cui lavorare: reference, corsi, libri e quant'altro per avere un supporto per l'apprendimento. La parte difficile, soprattutto se non conosci nessuno del settore, è trovare del materiale che non sia fuorviante o creato male, perché peggio di non imparare c'è solo imparare sbagliato.

La parte difficile è la fede, la benzina che dovrà stimolarti per non gettare tutto alle ortiche al primo ostacolo. Ho sempre avuto dei problemi con la forza di volontà: una delle domande che mi faccio più spesso è "Ma chi me lo fa fare?". E la risposta è sempre la stessa: "Proprio nessuno", ma finora ho sacrificato tanto per imboccare la strada per raggiungere i miei obiettivi, sarebbe da stronzi abbandonarla ora. Quindi mi sforzo, faccio una fatica folle, ricacciando indietro brutti pensieri e cercando di essere obiettivo.

La terza parte è l'esecuzione, ossia la fase operativa di tutto il castello: lavorare, lavorare e lavorare ancora. Non si impara niente in un paio d'ore, bisogna perseverare con una buona dose di autocritica. Consumerai un sacco di benzina, la fede del paragrafo precedente, quindi è fondamentale averne una buona scorta. Però quando si cominciano a notare i primi miglioramenti il livello sale un po', regalandoti energie per continuare a lavorare. Cosa importante: non esiste che una volta imparato si molla tutto, bisogna sempre continuare a fare esercizio, a migliorare, oppure ad innovarsi, studiando nuovi metodi e tecniche.

Quindi così è stato, mi sono munito di tavoletta grafica e di un buon libro di reference e comincerò a disegnare quotidianamente, almeno una decina di minuti al giorno, cercando di migliorarmi tavola dopo tavola. Non sarà un percorso facile, qui non funziona il detto "ogni scarrafone è bello a mamma sua", anzi per me è l'esatto contrario: ogni cosa che faccio, sia un disegno, un testo o un modello, mi fa piuttosto schifo, quasi mi vergognassi di averlo fatto io. Non capisco perché, forse sto comparando la mia roba a standard troppo alti, che potrò raggiungere soltanto esercitandomi.

Anche questo è un instinto che mi è veramente difficile dominare. In parte ci sono riuscito con questo blog: a volte rileggo dei miei vecchi articoli e suonano veramente da sfigato, almeno dal mio punto di vista, ma non voglio toglierli perché sono lo specchio del mio umore e delle mie sensazioni, e se in quel momento ho scelto di condividerle col mondo non c'è motivo di rimuoverle ora che non le provo più.

In ogni caso mi impegnerò ad accettare e condividere i miei risultati, anche se non saranno sicuramente opere eccezionali, anzi saranno storte e sproporzionate al punto da sembrare grottesche, ma saranno utili per comparare i progressi giorno per giorno, per percepire un vero crescendo. Questo sarà il mio sprono per i prossimi mesi. Perché come si dice qui, se Matt Damon è tornato da Marte, io posso fare tutto.

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