Qualche tempo fa si è conclusa la mia prima campagna come Dungeon Master. Inutile dire che per me è stata una wild ride, come la chiamano i nostri amici anglofoni.
È stato un percorso lungo e difficile, sebbene estremamente soddisfacente, partito circa a maggio con la decisione di fare una one-shot (una campagna di una sola serata) di livello epico, partendo dal livello 15. Ovviamente nessuno di noi aveva l’esperienza necessaria per affrontare una cosa del genere, essendo arrivati a circa livello 3 nella campagna corrente.
Nonostante tutto, ormai avevamo deciso che sarebbe stata ad alti livelli: ho passato giornate a disegnare planimetrie, scegliere e bilanciare i vari scontri, pianificare enigmi, nascondere trappole, ore e ore passate a leggere i manuali. E il mio lavoro si sarebbe concluso qui se non avessi voluto portare il tutto su Unity. Maledetto me e le mie manie di grandezza.
La nostra avventura è ambientata nello stesso settings della prima campagna. La storia parte con un ragazzino che corre. Non un ragazzino normale, ma un mezz’elfo: il suo nome è Nestor Olendir (NdA: il mio personaggio nella prima campagna). È ancora un bambino, sta correndo per gli ampi saloni del maniero di famiglia, scappando dal mentore che dovrebbe educarlo ad essere un vero nobile. Passa per svariate stanze: attraversa le cucine, la sala delle armi, il salotto di suo padre Oberon. Dopo qualche minuto di corsa si ritrova nella grande biblioteca: centinaia e centinaia di libri coprono le pareti della stanza ottagonale. Al centro della stanza, adagiato su con leggio dorato, riposa un grosso tomo rivestito in cuoio rosso e blu. È il Libro delle Leggende, un archivio inestimabile che narra tutte le imprese degli Olendir.
Nestor si avvicina e, in punta di piedi, riesce a raggiungere il grosso libro ed aprire una pagina a caso. Legge le prime righe, narra dell’impresa di Enoch Olendir contro l’ultimo rifugio della Scuola Astrale, una società segreta che da secoli muove i flussi di potere per raggiungere i propri scopi. Hanno provato anche prima a inglobare, e poi a distruggere, gli Olendir, ma senza successo. Ora tocca ad Enoch e il suo gruppo di avventurieri a reagire.
Nestor legge poi il titolo dorato in alto: La Caduta dell’Ultima Stella. E qui comincia l’avventura dei nostri prodi eroi.
Ho provato a tenere un clima di serietà e pericolo costante, ma come ho già raccontato in altri articoli D&D è un gioco scanzonato e divertente, cosa che mi è stata nuovamente confermata dal gruppo che i miei amici hanno costruito: a parte Enoch il mezz’elfo (cosa che ho chiesto espressamente), il resto del gruppo erano due Loxodon (elefanti, dalla Guide to Ravnica, un manuale basato sul mondo di Magic: The Gathering), una tartaruga, un kenku (corvo umanoide in poche parole), due warforged (robottoni, ma con un’anima umana, o animale al limite), un tiefling ed un elfo. Insomma, sembra uno zoo vagante. Nessuno di loro ha una backstory approfondita, però il gruppo si conosce già da molto tempo, hanno già viaggiato e combattuto insieme.
Ciò non toglie che abbiano cercato i metodi più ortodossi per uccidere, avanzare e razziare: hanno letteralmente allungato un Illithid, prendendolo per le braccia e per le gambe e tirando, hanno mandato in confusione perenne un minotauro che avrebbe dovuto pestarli un bel po’. Inoltre ho scoperto che buona parte del gruppo è affetta da cleptomania: dopo aver trovato un Portable Hole (una borsa con spazio praticamente illimitato) hanno intascato qualsiasi cosa non fosse ben fissata a terra. E ad onor del vero, hanno pure scardinato qualcosa per portarselo via.
I nostri eroi hanno avuto a che fare principalmente con il classico villain, Arlathan della Luce, l’ultimo Custode della Luce della Scuola Astrale. Il suo compito è proteggere il tempio e l’astrolabio che canalizza il potere della Scuola dai piani esterni. In realtà Arlathan è soltanto un cattivo di facciata: il vero boss finale è Istus, una semi divinità, una volta protettrice degli onesti e dei veggenti, influenzata però da un’entità proveniente dai Piani Esterni. Gli avventurieri sono entrati in contatto con lei soltanto una volta: hanno sentito una voce, chiaramente di donna, che li esortava ad entrare nei ranghi della Scuola per espandere fuori dal regno il loro potere.
Nella penultima sessione hanno affrontato Arlathan, affiancato dallo stesso Enoch Olendir con i quali sono entrati nel labirinto, e il cugino Ulric: sono riusciti efficacemente ad eliminare la minaccia del vecchio Arlathan in una manciata di turni. Non era così forte come pensavano, e infatti Istus si è rivelata appena dopo, svelando che Arlathan non è altro che una marionetta.
A parte i cattivi principali, tutto il labirinto è costellato di mostri e altre temibili creature: gran parte di queste sono creature trovate nei vari manuali, magari con la parte visiva cambiata per adattarle all’ambiente circostante. Togliendo Arlathan e Istus, altri due mostri sono completamente fatti in casa: lo Starseeker Minotaur e l’Astral Corrupted Hydra.
Il minotauro è un torturatore di uno dei piani infernali, all’inizio imprigionato dalla Scuola Astrale per piegarlo alle proprie volontà, successivamente liberato dalla sua prigione magica da Enoch, mentre è sotto l’influenza di Arlathan. Il minotauro poteva passare dalla forma materiale alla forma eterea più volte in un solo turno e aveva a disposizione svariati incantesimi di charm: il combattimento è iniziato con quattro persone in charm e quattro no, e quando qualcuno veniva colpito aveva la possibilità di rompere il charm ed essere immune ad esso per il giorno successivo. Dopo essersi divertito a charmare uno alla volta tutto il gruppo, si è rivelato nella sua forma materiale: un grosso minotauro dal pelo rosso scuro alto circa tre metri, con in mano una lunga frusta avvolta da fasci elettrici. Le sue frustate hanno fatto parecchio male, ma in qualche modo i nostri eroi sono riusciti a tenerlo confuso e prono per la maggior parte del combattimento, rendendolo inoffensivo.
L’idra purtroppo l’hanno schivata, sarebbe stato divertente vederli mangiati uno alla volta. L’Astral Corrupted Hydra era un ibrido tra la Thessalhdyra e il Gaping Dragon di Dark Souls, con parte delle abilità del Leviathan. Squame grigio antracite, dure come il metallo, coprivano le nove teste del mostro. Soltanto superando un certo numero di danni per turno potevano staccare la testa, e all’inizio del turno ne spuntavano il doppio di quelle che non c’erano più, recuperando un bel po’ di punti vita. Poteva attaccare una volta per testa, o in alternativa mangiare fino a tre persone per renderle completamente inoffensive. Una giusta quantità di danni l’avrebbe costretta a sputare i poveri disgraziati. Il combattimento l’avevo tarato per essere molto difficile, forse un po’ troppo per il gruppo, ma purtroppo questo non lo sapremo mai.
Fin da quando cominciai a buttare giù qualche idea riguardo l’estensione del tempio avevo già capito che non ne sarebbe venuta fuori una one-shot, ma una campagna vera e propria, contenuta all’interno del labirinto. Nonostante lo spazio ristretto sarebbe stata vasta e variegata, organizzata come una sandbox, lasciando ai giocatori la totale libertà di spostarsi e di sperimentare. L’idea base è che appena entrati avrebbero trovato una grossa porta che richiede quattro chiavi per essere aperta, chiavi che i protagonisti avrebbero dovuto recuperare nelle quattro ali del tempio. Ma costruire un corridoio che portava alla stanza della chiave è noioso e lasciava ben poco spazio al mistero e all’esplorazione. Così ho aggiunto altre stanze, altri corridoi, diramazioni, cunicoli nascosti: ho voluto dare uno scopo ad ogni ala: quella della ricerca aveva laboratori ed aberrazioni, la parte delle prigioni invece aveva celle, catene e scheletri di vecchi prigionieri.
Riguardo il lato tecnico, la mappa è stata completamente modellata in Maya, organizzando le UV in modo da poter organizzare un tileset di 4x4 materiali per UDIM. I vari materiali sono stati creati in Substance Designer e organizzati in Substance Painter, raggruppati per tipo (marmo, pietra, intonaco e così via). Per alcune stanze più particolari (per esempio la piazza centrale, o le aule) sono stati creati dei tileset appositi. Il tutto poi è stato riversato dentro Unity, inserendo una stanza (o una parte di corridoio) per scena e aggiungendo uno script che mi consentisse di spostarmi tra le stanze usando i tasti numerici. La camera è stata posizionata sopra la stanza e inquadrava il pavimento in visuale prospettica, in modo da vedere comunque i muri. Sempre con la tastiera ci si può spostare nel piano orizzontale e zoomare.
Tutte le luci sono delle point light in real-time, scelta obbligata perché per qualche motivo ho deciso che le luci devono cambiare di intensità nel tempo, per simulare l’effetto candela. Purtroppo tutto ciò ha reso il progetto molto più pesante di quanto dovrebbe essere. Non ho avuto abbastanza tempo per creare oggetti ed arredamento: li ho lasciati immaginare ai giocatori, eccetto quelli dell’enigma del prisma, che effettivamente dovevano spostare per risolverlo.
Malgrado le buone intenzioni, anche questa avventura è stata afflitta dalla piaga che affligge tutte le campagne: le assenze. Come gestire gli eroi quando le persone che li interpretano mancano?
Ho scoperto alla seconda sessione che Enoch non ci sarebbe stato per praticamente il resto della campagna, cosa che ha un po’ distrutto i miei piani, dato che sarebbe dovuto essere stato il personaggio principale. Quindi sono tornato indietro, ho analizzato come gestire queste situazioni, e ho risolto così: i personaggi che mancano vengono rapiti da Arlathan, che sottoporrà loro una semplice scelta: unirsi alla Scuola Astrale oppure la distruzione. Come mi aspettavo, nessuno di loro ha scelto di unirsi, quindi si prendevano la loro bella quantità di danni, un paio di punti follia e magicamente tornano dal loro party una volta ritornato l’attore.
Enoch ha avuto un destino ben diverso: a lui Arlathan non ha dato scelta, l’ha torturato fisicamente e mentalmente per un tempo indefinito, piegandolo infine al suo volere: la famiglia Olendir ora è sotto la Scuola Astrale. Ha agito nell’ombra per liberare il minotauro, istruito orde di mostri su chi cercare e chi colpire e ha combattuto a fianco di Arlathan prima dell’apparizione di Istus. Questo legame viene reciso quando Arlathan si sacrificò nel Pozzo Lunare per invocare Istus, e potè combattere nuovamente a fianco dei suoi compagni storici.
Nell’avventura non sono presenti tanti NPC per scelta: già è difficile gestire nove avventurieri, se avessi dovuto interpretare altri personaggi ne sarei uscito pazzo. E considerando che è la mia prima esperienza di questo tipo non volevo fare più di tante cazzate.
Di NPC vero ce n’è soltanto uno, un prigioniero salvato da una cella sommersa, che risponde al nome di Ulric Olendir: è un altro membro della famiglia Olendir, cugino di Enoch, che tentò con il suo gruppo di eroi di prendere il tempio, fallendo miseramente. Il destino che avevo pensato per lui era molto diverso, avrebbe dovuto trasformarsi in un terribile mostro in una specifica stanza (assieme ad un gatto e ad una civetta trovata in un’altra ala), però risultò molto utile per il plot twist. Purtroppo finì la sua vita chiuso all’interno del Portable Hole, la borsa dallo spazio immenso, ma senza aria. Diciamo che non è mai stato troppo utile: più che dare qualche suggerimento riguardo alla direzione da prendere e come risolvere l’enigma dei prismi non ha fatto molto.
Da sempre ho adorato i racconti di Lovecraft: è un horror diverso, non ci sono solo creature spaventose. Si parla di terrore puro, quello che ti prende il cervello e ti blocca in preda a visioni infernali. Ho voluto portare questa meccanica: ho preso la tabella della follia originale di D&D e l’ho adattata ai combattimenti con Arlathan e Istus. Ogni giocatore accumula punti follia se non supera un tiro salvezza, più difficile in base ai punti accumulati in precedenza. Quando un eroe accumula un certo numero di punti, la sua psiche non regge e impazzisce: tira un dado e riceve un effetto casuale che va dall'accecamento allo svenimento. Gli effetti erano molteplici, dalla paura verso il nemico più vicino fino allo svenimento, il gioco sta nel non farsi prendere dai micidiali attacchi della dea.
Il design di Istus è in contrasto con il resto delle creature, Arlathan compreso: mentre l’aspetto generale è qualcosa che vira verso le creature abissali tipo Mind Flayer o Beholder, oppure esperimenti falliti e altre aberrazioni, Istus mantiene parte del suo aspetto come viene descritta nell’universo di Greyhawk: una giovane vergine di pelle scura, con lunghi capelli bianchi, che indossa un abito dorato. Sotto l’influenza dell’entità che l’ha corrotta i suoi occhi sono diventati bianchi ed emanano una luce perlacea. Le vesti invece persero il caldo colore dorato e si trasformarono in argento. Anche il suo corpo è cambiato: non è più pieno e rigoglioso, ma scarno, la pelle opaca sembra stia sempre per lacerarsi mentre viene tirata dalle ossa spigolose.
Ma non è il suo aspetto che terrorizza gli avventurieri, sono le sue capacità in combattimento: oltre ad avere un più che fornito parco magie, Istus dispone di una lunga lancia che una volta scagliata può attaccare autonomamente, mentre lei, impugnando il suo grande arco argenteo, scocca ai poveri avversari frecce saettanti. Oltre al fare un male boia, la freccia dell’arco ha la possibilità di uccidere istantaneamente un bersaglio se si trova sotto un certo limite di punti vita, senza la possibilità di un tiro salvezza, né tentativi di salvataggio.
Ah, ho dimenticato di dirvi che hanno combattuto su un pavimento sospeso nel vuoto cosmico, con al centro il pozzo e l’astrolabio il cui raggio uccideva istantaneamente, e lei era alta circa quindici metri. Cosa vuoi che sia.
Come potrete intuire, Istus ammazzò ben presto il primo membro del party. A quel punto pose loro una scelta: unirsi a lei o morire. Neanche da dire che scelsero la morte.
Molti di loro caddero e si rialzarono come servitori di Istus, contro la loro volontà. Altri si gettarono volontariamente nel pozzo, esplodendo in mille pezzi. Altri ancora scelsero la vita, ed a loro fu esaudito il proprio desiderio più profondo, il motivo per il quale intrapresero quel viaggio, e si dimenticarono della Scuola Astrale, di Istus e degli Olendir.
L’epicità della scena finale rese giustizia alla campagna: due enormi elefanti che combattevano tra loro sopra la lente principale dell’astrolabio, il mortale pozzo al di sotto di loro ed Istus che li osservava compiaciuta, mentre decidevano a forza di pugni il loro destino. Ma fecero una cosa che neanche Istus si aspettava: tentarono di rompere la grande lente. Lei non fu abbastanza svelta per fermarli e l’enorme disco di vetro si disintegrò in mille pezzi. La luce dentro il pozzo risalì la colonna come un ritorno di fiamma e annientò tutto ciò che si trovava sopra la lente.
Questo fu un finale che non avevo previsto: Istus era ancora viva, ma l’Astrolabio distrutto. Dovetti improvvisare: l’unico del gruppo che sopravvisse fu Enoch, trovandosi sul pavimento e non sulla lente, che già aveva accettato il patto di Istus. Lei invece ne uscì ferita gravemente e molto più debole, dato che il catalizzatore del suo potere era distrutto. Ciò nonostante, l’entità dai Piani Esterni aveva ancora presa su di lei. Istus ed Enoch ricostruirono la Scuola Astrale grazie al supporto della famiglia Olendir, che negli anni successivi allungò i suoi tentacoli verso ogni punto del regno, e tutto ciò che era impossibile compiere con la diplomazia diventava possibile con la magia.
Questo finale è molto simile a quello che sarebbe successo se tutti avessero accettato di entrare nelle file di Istus: sarebbero diventati i suoi campioni, delle leggende all’interno della famiglia Olendir, non proprio ben visti dal regno ma immensamente potenti, alla stregua dei grandi campioni delle leggende.
Al contrario, nel caso fossero riusciti ad uccidere Istus, questa si sarebbe sacrificata per distruggere l’Astrolabio e porre fine al dominio della Scuola Astrale sul pianeta. Il tutto si sarebbe concluso con un’epica corsa verso l’uscita, mentre le volte marmoree dell’ultimo tempio crollano sopra di loro.
Ovviamente non è andata così, per la legge di Murphy non si riuscirà mai a coprire tutti i casi possibili. Nonostante tutto, è stata un’esperienza fantastica, oso dire superiore a quella che ho provato da giocatore: come Dungeon Master devi improvvisare un sacco di cose, e stai sicuro che i giocatori troveranno sempre il modo più strano e inefficiente per arrivare ad un obiettivo. Signori giocatori, voglio ringraziarvi personalmente: avete trasformato delle giornate non proprio simpatiche in risate e scherzi.
Ad astra!