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Oggi, 23 agosto 2019, finisco ufficialmente il mio percorso a BigRock.
È passato quasi un anno da quando ho messo piede lì dentro, nella nuova sede. Ma il mio percorso è iniziato molto prima. È iniziato esattamente il 18 luglio 2017, alla festa di compleanno di una mia cara amica. Dopo troppi gin tonic, in un momento di riflessione, ho pensato com’era la mia vita in quel momento: il mio lavoro mi piaceva, stavo andando forte, i colleghi erano grandi persone, ma non era quello che volevo fare. Le mie relazioni interpersonali erano a grandi linee stagnanti, fare amicizia non è mai stato il mio forte. Pensavo di essere un lupo solitario, quello che sta bene isolato, quello che riesce a sopravvivere da solo. E poi mi è riaffiorato un ricordo di qualche anno prima: bazzicando spesso dalle parti di H-Farm avevo sentito parlare di BigRock, avevo già fatto la preiscrizione anni fa, ma non avevo mai concluso.
Quindi mi sono rivolto ad un altro amico storico, e gli ho detto: “Sai cosa, l’anno prossimo vado a fare BigRock”. Ovviamente mi ha guardato stranito, dato che me ne ero uscito così di punto in bianco con questa dichiarazione. Ma l’avrei fatto, costo lasciare indietro tutto.
E da lì è partito il vero percorso: ho lasciato il mio comodo nido bassanese per essere trasferito nella caotica Milano per racimolare qualche soldo, ho lasciato anche la mia ragazza del tempo, sapendo che non ci sarebbe stato futuro.
Magari quella non è stata una scelta troppo saggia, ammetto che in quel periodo ero un po’ coglione, mi sentivo superiore ad aver imboccato quella strada, volevo spaccare il mondo. Neanche da dire che questa scelta mi ha fatto tremendamente male, anche se è stata tutta colpa mia.
A Milano è stata dura: c’ho messo qualche mese ad abituarmi a quei ritmi, alla velocità alla quale la vita scorreva attorno a me. Più volte ho pensato di mollare tutto, ritornare al vecchio lavoro ed abbandonare questa follia: mi mancava la mia famiglia, mi mancavano i miei amici, mi mancava la mia vecchia vita. Ma mi sono imposto di resistere, con un mantra che ho adottato troppe volte: il mio fine è superiore a tutto ciò.
Ovviamente non voglio passare la mia vita come un inferno: ho ricordi bellissimi di colleghi che prima di tutto sono stati amici, nel bene e nel male. Soltanto che non pensavo fosse così difficile essere distante da casa, anche se era a soltanto tre ore di Frecciarossa. Mi sentivo disperso.
Poi è arrivato il giorno: avevo accumulato abbastanza per superare le porte di BigRock. Penso sia stato il bonifico più felice della mia vita: matricola 4296, Davide Rossetto. Non mi pareva vero. Dopo tutto quel tempo finalmente ero pronto per iniziare. Già arrivare a quel punto per me era stata un’impresa, e la parte difficile doveva ancora arrivare.
Il 10 settembre 2018 varcai per la prima volta quella porta, e da quel punto fino ad oggi fu un ottovolante di emozioni.
Non vi parlerò dell’insegnamento tecnico, quelle sono cose che ogni scuola ti può dare. Tra quelle mura ho riso, ho bestemmiato, ho cantato, ho conosciuto grandi persone. Più e più volte ho pianto, non me ne vergogno: ho pianto sul ciglio dell’Horseshoe Bend ammirando il tramonto, ho pianto al Graduation Day vedendo proiettato il nostro lavoro, ho pianto quando ho salutato per l’ultima volta cari amici. Ho passato ore a piangere avvinghiato al cuscino insultandomi per le occasioni perse, perché le cose non andavano come dicevo io, anche scrivendo queste parole sto piangendo, non lo nego.
Tra quelle mura mi sono innamorato, più volte, nessuna di queste volte ha portato a qualcosa, forse non era destino, più probabilmente è colpa mia, al destino non credo.
Le persone con cui ho stretto legami lì dentro sono la cosa che mi mancherà di più, non posso dire che sono insostituibili perché il futuro è insondabile, ma hanno preso parte in maniera indelebile alla mia crescita, persone che stimo profondamente. La cosa che veramente mi ha sorpreso è che loro stimano me, e niente può riempirmi di gioia più che questo. Sono le persone migliori che ho conosciuto finora, e abbandonarle così presto mi spezza il cuore.
Ho cantato, cosa che non penso sarei mai riuscito a fare, era uno scalino troppo alto per me. Mi sono messo in gioco, rischiando di perdere tutto, a volte non abbastanza, a volte sporgendomi troppo e facendomi male. In verità non ho mai rischiato di perdere tutto, avrei dovuto buttarmi più spesso, magari cadendo, ma senza rimpianti. Però con i se e con i ma non si fa la storia, quindi mi serva da lezione, chissà che entri nella mia testa dura.
In quel posto non ti insegnano solo a creare arte, ti insegnano a vivere. Senza alcun discorso motivazionale o cazzate del genere: semplicemente ti ritrovi in un gruppo di gente che i primi giorni non conosci affatto, ma sai già che sono persone che hanno le tue stesse passioni, il tuo stesso modo di pensare, le tue stesse motivazioni.
Però di questa cosa te ne accorgi alla fine dei primi sei mesi, alla fine del corso. Ti accorgi che le persone che ti circondano ti assomigliano più di quanto tu potessi immaginare, che ogni loro faccia rimarrà scolpita nei ricordi, le loro parole come frammenti di memorie.
Dopo c’è stato il periodo Red: in cuor mio, dall’alto del mio ego, ero certo già da tempo di essere tra i selezionati, inutile negarlo. Però la cosa è conoscere un centinaio di persone, stringere amicizia con qualcuna di queste, magari provare ad impiantare qualcosa di più duraturo. Tutt’altra cosa è trovarsi in un gruppo ristretto di persone che se non sono i migliori artisti, sono sicuramente gli individui migliori del corso precedente. Persone con le quali magari non avevi neanche mai parlato prima, e scoprirle pian piano, lavorando insieme, insultandosi se serve, ridendo davanti ad una birra, o cantando insieme con una chitarra in braccio, fino all’ultimo giorno. Sono momenti che ti segnano profondamente, e fanno un sacco di male quando sai che non torneranno più.
Ma si cresce, bisogna crescere. Stare da cani per rinascere dopo è un ciclo, ogni volta penetra un po’ più in profondità e ti tempra, ti rende forte, ogni volta in grado di sopportare un fardello maggiore. Ho finalmente capito che vivere una vita di gioie facili ed incazzature passeggere è buttare via tempo, ho voglia di rischiare, ho voglia di scappare da questo posto, lasciando indietro ricordi, risate e dolori, e ricominciare da zero da qualche altra parte, in un posto nuovo, facendo cose nuove, circondato da persone nuove. Sento la pulsione di andarmene, qui mi sono circondato di problemi a cui non dovrei pensare, non sono di mia competenza, ceppi alle caviglie che stanno provando a tenermi ancorato a terra. La chiave ce l’ho sempre avuta in mano, non ho mai avuto il coraggio di spezzare quelle catene per saltare. Ora il momento è finalmente arrivato.
Questi due anni sono stati gli anni delle grandi scelte: la mia l’ho presa tempo fa, più di qualcuno ci sta passando ora. Per tutti però è ora di abbandonare il nido e spiccare il volo da soli, perché a questo ci hanno preparato. Perché non è una fine, è soltanto un nuovo inizio.
Grazie BigRock, mi hai dato molto di più di quello che mi sarei aspettato.