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La grande summa

Cosa resta di un anno particolarmente strano

Sono mesi che non aggiorno più il blog, da luglio precisamente. Non che ci fosse molto da dire, con la clausura forzata non è che possano accadere troppi eventi, almeno nel mio piccolo cosmo. Con la solitudine ci ho fatto i conti, ora se ne sta buona in un angolo, mangiucchiando qualche mio sogno, ma niente di grave, ne ho i cassetti pieni.

Tuttavia, non sto più scrivendo regolarmente perché non ho tanto da dire. Cioè, avrei un paio di idee su cosa scrivere, argomenti che magari non riguardano D&D e affini, ma sono ancora embrionali, sono idee senza capo né coda, di cui esiste soltanto una tenue sostanza. Anche perché di queste cose non mi sento abbastanza esperto per parlarne.

Voi come fate ad affrontare questa sensazione? Spesso non esprimo il mio parere su certe cose perché non sento di saperne a sufficienza da parlarne con contesto, anche se è una cosa che pratico regolarmente da anni. Che sia una reazione dell’effetto Dunning-Kruger? Ho così tanto timore del cadere vittima di quella sindrome che ho una reazione avversa, non sentendomi mai abbastanza esperto su un argomento. O forse è soltanto la mia ostinazione di essere contrario a tutto, come non comprare i prodotti delle pubblicità per paura di essere uno schiavo del sistema. Che vi devo dire, ognuno ha le proprie pare, chi si droga, chi beve e chi ha paura della pubblicità.

Giusto per precisare: non ho smesso di scrivere, ho solo smesso di scrivere sul blog, almeno temporaneamente. Sto lavorando a qualcosa di serio, una grande ed elaborata avventura per D&D, tanto per cambiare. La stesura è lunga, molto lunga, e su certi dettagli sono prolisso, quindi non vedrà la luce nel breve periodo. Per aiutarmi sto usando un’app per tracciare le abitudini: mi manda una notifica alle 19 di ogni giorno, chiedendomi se ho scritto almeno per mezz’ora quel giorno. E che gli devo dire? Mi faccio prendere dai sensi di colpa di cento progetti mai terminati e mi metto. Direi che funziona, e pure molto bene.

E dato che vi ho tediati abbastanza con gli aggiornamenti sulla mia psiche, ecco una lista di materiale d’intrattenimento casuale che, in un modo o nell’altro, mi ha colpito lo scorso 2020. Pure qui cado nuovamente nel tranello: odio i listicles, eppure ne sto scrivendo uno io stesso. Ma guarda dove sono andato a finire.

Tenet

È tornato il messia! Dopo tre anni di assenza dalle sale, Nolan torna alla ribalta con una pellicola senza tempo, letteralmente. Dopo aver messo in crisi già più volte gli spettatori con Inception ed Interstellar, il buon Christopher dà il meglio di sé e confonde anche gli attori che ci lavorano assieme, costringendoli a girare scene al contrario, camminando, guidando e parlando al contrario, in uno sfoggio di abilità che lo porta nel podio dei registi che pisciano più distante.

Nolan è riuscito ad ottenere l’effetto che già aveva tentato di avere con Inception ed Interstellar, quello del tempo distorto, senza ricorrere ai costrutti del sogno e di un enorme buco nero. Semplicemente sostiene che è stata invertita l’entropia degli oggetti, dichiarazione senza alcun fondamento scientifico, ma che funziona molto bene come supercazzola per uno spettatore senza una laurea in fisica.

Piccola curiosità storica: Tenet, come Sator, (il nome del cattivo) sono due delle cinque parole che compaiono nel Quadrato del Sator, un’iscrizione latina ricorrente in diverse parti d’Europa su reperti di epoca romana. Non è stato ancora scoperto un significato chiaro, tuttavia ci sono varie interessanti teorie a riguardo. E, neanche da dire, è palindromo.

Ahia!

Il 2020 è stato l’anno della scoperta dei Pinguini Tattici Nucleari. Ovvio che li conoscevo, ma non li ho mai approfonditi più di tanto, avendoli etichettati come indie-pop italiano già sentito. Ma mi sono dovuto ricredere, perché i primi tre album sono qualcosa che non sentivo da tempo: un gruppo tecnicamente ottimo, con rime pungenti, che parla di argomenti spinosi in chiave divertente. Praticamente i nuovi Elio e le Storie Tese.

Finché non è uscito questo dannato album. L’ho ascoltato, diverse volte, ma di tutti i brani ne salverei uno, forse. Non capisco cosa abbia causato questo cambio di direzione: che sia stata un’imposizione dell’etichetta? Che abbiano raggiunto una certa maturità artistica nella quale si sentono di scrivere canzoni pop?

Non li disprezzo, anzi: sono stati una delle grandi scoperte del 2020. Voglio invece dare loro fiducia: fiducia che un giorno riprenderanno la retta via del rock demenziale e canteranno di nuovo di Gigi Cinque Ottavi.

The Boys

Budella e sangue a profusione, scene di sesso gratuite e ingiustificate e violenza anche quando non serve: non sto parlando di Game of Thrones, ma del gioiello di Amazon Prime, The Boys.

Tratto dall’omonimo fumetto, racconta le vicende di una banda di persone normali intenzionate ad uccidere i supereroi, in mano ad una multinazionale cattiva. Originale, ma non troppissimo, la trama alterna momenti di pura commedia (vedi le parti con Abisso) a scene di tensione.

Oltre a questo, lo sguardo di Billy Butcher ti piglia a schiaffi solo con la forza del suo carisma, e pensare che me lo ricordavo biondo con i capelli lunghi ne Il Signore degli Anelli. Lì il carisma l’aveva lasciato a casa.

Altra nota positiva: finalmente sono riusciti a scrivere (e ad interpretare) un cattivo degno di questo nome. Il Patriota è subdolo, malvagio e complessato ai livelli del buon vecchio Joffrey Baratheon, a differenza che il Patriota può affettare qualsiasi cosa con lo sguardo laser, volare e tirare pugni fortissimi. Ah, ed è pure amato dal popolo. Non penso lo vedremo morire tanto presto.

World of Warcraft: Shadowlands

Il 2020 è stato anche l’anno di uscita dell’ottava espansione del quasi maggiorenne World of Warcraft. Ci ho giocato molto in passato, ad intervalli piuttosto brevi, ma al momento è da un anno e mezzo che ci gioco regolarmente, e la prima volta in assoluto che partecipo all’apertura di un’espansione.

Dopo aver passato due anni abbondanti a cercare di salvare il pianeta in un’espansione decisamente sottotono, varchiamo il velo e ci dirigiamo verso le terre delle anime, in quello che nell’universo di Warcraft può essere comparato all’aldilà.

Lo stile è particolarmente ispirato, seppur non originalissimo: le cinque nuove zone dove si può scorrazzare fanno riferimento a varie concezioni del dopo morte di diverse culture e religioni: ci sono i Campi Elisi, un’eterna foresta, un regno governato da vampiri e una specie di mondo post-apocalittico a tema Piaga, senza dimenticare l’Inferno, con tanto di Stige che lo attraversa.

Tecnicamente, Blizzard ha fatto dei regali ai vecchi giocatori: ha ripristinato parecchie abilità rimosse negli anni, aggiustato classi e bilanciato specializzazioni poco funzionali. Inoltre le quest, i dungeon e i raid hanno meccaniche divertenti e complesse al punto giusto.

A livello di storia la sostanza cambia poco: c’è un cattivo molto cattivo che, per un motivo o per l’altro, siamo noi stronzi a dover fermare. Con un po’ di scetticismo, ammetto che la Blizzard ha fatto un po’ leva sull’effetto nostalgia: essendo l’aldilà abbiamo già incontrato personaggi storici come Uther e Ysera, e molto probabilmente incontreremo pure Arthas avanzando con la storia.

Nonostante ciò, l’espansione piace sia alla vecchia guardia che ai novellini ed è estremamente divertente da giocare. Ne sentirete parlare ancora, ma intanto complimenti Blizzard.

Hades

Restando in tema videogiochi, e restando in tema aldilà, ecco il mio personalissimo gioco dell’anno. Hades è l’ultima fatica di Supergiant, già conosciuta per Bastion e Transistor. Si tratta di un roguelike con livelli procedurali, ma fermarsi qui è riduttivo.

Tu sei Zagreus, uno dei figli di Ade, che deve fare di tutto per scalare gli inferi e tornare in superficie. Non vi dico altro per non fare spoiler, è da giocare.

Senza parlare della parte effettiva di gioco, già splendida in profondità e varietà, il contorno è ricco e interessante: si può parlare con decine di NPC alla corte di Ade, ognuno con la propria storia, a volte intrecciata con quella di altri; una storia da scoprire pian piano, dono dopo dono, partita dopo partita. Ci sono nomi noti a tutti: Achille, Orfeo, Caronte, Cerbero e buona parte delle divinità del pantheon greco.

Sono stato indeciso per un po’ prima di acquistarlo: sentir parlare di divinità greche faceva riaffiorare i ricordi di un liceo che non ho mai frequentato, sembrava un argomento così noioso e scontato. Tuttavia sono riusciti a modernizzare le bagatelle tra dei in maniera eccelsa: ognuno ha i propri scopi ed il proprio carattere, lanciando il giocatore in una bolgia di patti e scambi di favori. Nota finale: la colonna sonora è qualcosa di sublime, della stessa qualità di quella di Bastion e Transistor.

Das Ende

Questo è quanto, ma non è tutto: ci sono molte altre cose degne di nota, come Ghost of Tsushima, il problema dei barbieri di Mattarella e la serie di The Witcher (uscita nel 2019 lo so, ma era il 20 dicembre, quindi non conta). Di questi argomenti parlerò in futuro: di alcuni c’è molto da dire, come per esempio Cyberpunk 2077 e il suo lancio.

Ah, è un po’ tardi per dirlo, ma mi scuso per eventuali spoiler. Ma più gioco e più mi rendo conto che il finale di un’opera è soltanto una minima parte del prodotto, ed è il viaggio che ti porta a fare ad essere importante. Anche perché generalmente i finali sono sempre quelli: vincono i buoni, vince il giocatore o, in alternativa, vince l’America, come sempre. Provate a chiederlo a Thanos.

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