Sono passati bene o male dodici mesi da quando sono stato iniziato al fantastico mondo di D&D, e da quel giorno non ho mai smesso di documentarmi e studiare nuove sfaccettature di questo GDR: ho creato mondi, personaggi, trappole, pericolosi labirinti percorsi da intrepidi avventurieri.
Ognuno di questi luoghi ha un tema ricorrente: dalle città dove l’illegalità e il contrabbando sono tollerati ad enormi labirinti sotterranei straripanti di mostri provenienti dai piani esterni. L’eccelso Manuale dei Mostri (che abbrevieremo MM) già offre centinaia di possibilità di combattimenti, ed è espanso da altri libri come Mordekainen’s Tome of Foes (abbreviato MTF) e la Volo’s Guide to Monsters (abbreviato VGM), per non parlare di mostri di hardcover (libri con avventure complete, già pronte all’uso) e l’immenso bestiario già creato da altri utenti.
Ma quello che cerco io è un po’ diverso: a volte trovo questi manuali un po’ “dispersivi”. Per esempio, se dovessi creare una tana di ogre: sul MM ne esiste soltanto un tipo e, ignorando la versione zombie, MTF aggiunge altre due varianti. A questo punto dove sta l’inghippo: gli ogre sono mostri relativamente deboli, già un gruppo a livello 5 riesce a sconfiggerli senza nessun problema. Si potrebbe mandarne addosso ai nostri prodi eroi cinque di ogre, invece che solo un paio, ma facendo così la fase di combattimento (già noiosa di per sé) diventerebbe infinita, rompendo il ritmo del racconto. E a questo punto cosa si fa?
Si tirano fuori gli strumenti del dottor Frankenstein e si creano nuove bestie.
Il livello più leggero è il reskin: si prende una creatura che non c’entra nulla in quel posto e le si appioppa la pelle più adatta. Improvvisamente uno yuan-ti perde la pelle serpentina e si ritrova dentro il corpo massiccio di un ogre. Questa tecnica è bene o male senza effetti collaterali e funziona bene per amalgamare il tema (o per confondere i giocatori di vecchia data). Occhio però a non interpretare male la caratteristica principale della creatura: un ogre non potrà mai essere agile come un drow, mentre un goblin non potrà mai colpire pesantemente come un gigante delle nuvole.
La seconda cosa che mi diverte un sacco è creare creature da zero: grazie anche a tool come questo riesco ad assemblare velocemente nuovi avversari. Questo pratico tool ti calcola in autonomia gran parte delle statistiche, tira i dadi per te (certo, è divertente tirare i dadi, meno se devi tirare quaranta volte per calcolare i punti ferita) e te lo impagina in quello che nel gergo è chiamato statblock, ossia la descrizione della creatura come è definita nei manuali ufficiali.
Nella mia (limitata) esperienza di Dungeon Master ho avuto modo di creare un bel po’ di avversari, alcuni temibili, altri più blandi e pavidi. Prima di descrivere le mie creature preferite voglio aggiungere un piccolo disclaimer: la mia concezione delle regole di D&D è piuttosto flessibile, a volte le regole vanno applicate come da manuale, in altre occasioni si può giocare di fantasia per creare meccaniche nuove e inaspettate, trasformando un comune combattimento in un puzzle da risolvere. In ogni caso, questo è il mio bestiario personale.
Partiamo con un bestione bello grosso: custode di una delle chiavi per accedere all’Astrolabio, è stato battuto dalla compagnia di eroi che si è avventurato all’interno dell’ultimo covo della Scuola Astrale. Il minotauro, già potente demone, venne catturato da Arlathan e i suoi uomini ed esposto alla stessa corruzione che contaminò Istus. La pelliccia fulva copre l’intero corpo, con artigli, corna e zoccoli neri come l’ossidiana. I suoi occhi invece hanno perso il colore originale, sono diventati neri con dei punti bianchi, collegati tra di loro da sottili linee, come fossero costellazioni su di un cielo stellato.
Creatura elusiva, la sua tattica è ammaliare i vari avversari ed aizzarli uno contro l’altro. Si rivela nella sua vera forma solo a metà del combattimento, scatenando saette dalla sua lunga frusta. Il combattimento contro di lui fu piuttosto semplice per i nostri eroi: il minotauro non è immune allo stordimento, quindi con un po’ di tiri fortunati riuscirono a tenerlo sotto scacco abbastanza a lungo per malmenarlo per bene. Morendo, lasciò agli eroi la sua possente frusta, infusa del potere del fulmine.
L’ispirazione principale sia della forma della creatura, sia del combattimento viene da Matt Mercer, il famigerato Dungeon Master della serie Critical Role. Per essere precisi i personaggi di quella campagna affrontarono un essere molto simile nell’episodio 55 della seconda stagione. In quel caso Matt aveva incrociato elementi del minotauro e dell’Armanite per creare un demone personalizzato per l’avventura. Nel combattimento originale erano presenti anche una Succubus e un Incubus, esseri che ho preferito lasciare fuori per inglobare i loro poteri nel minotauro, riducendo le dimensioni del turno di combattimento, essendoci già ben nove personaggi giocanti.
Passiamo all’altra campagna, i Racconti di Midgard, dove uno sparuto gruppo di avventurieri si trovò in mano una patata bollente non da poco: una guerra tra due imperi, nessuno dei due giusto e nessuno dei due sbagliato, mentre un culto attingeva potere da antiche reliquie per far tornare in “vita” niente meno che Vecna, il villain più classico di D&D, distrutto in una precedente guerra tra divinità che spazzò via buona parte della vita su Velestrion, il pianeta che ospita la campagna.
Zinmaris è uno dei rari elfi silvani ancora presenti a Midgard, ormai ritirato da tempo al monastero. I lisci capelli bianchi gli accarezzano le spalle, mentre passa le giornate a meditare nei suoi appartamenti. Il suo ki è estremamente potente: durante le sessioni di meditazione più profonde, le sue fantasie si materializzano eteree attorno a lui, addobbando la sua stanza spoglia.
Zinmaris non è malvagio: quando il suo Monastero del Sussurro dell’Acqua fu invaso da un esercito di orchi guidati da uno dei due imperi, lui decise di mantenere la neutralità per assicurare la salvaguardia dei suoi allievi, ancora troppo giovani ed inesperti per combattere. Zinmaris aveva però legami con uno degli avventurieri: conobbe Anka, la maestra di uno dei monaci della compagnia, e ne fu perdutamente innamorato. Lei poi si rifiutò di lavorare per l’Impero, mentre lui accettò: la loro strada si divise per lunghi anni.
Quando Zinmaris seppe che Anka era morta abbandonò il suo prestigioso posto tra le file dell’esercito imperiale e tornò al monastero dove venne addestrato, trovandolo abbandonato. Rifondò la scuola in suo nome, con la promessa che l’avrebbe vendicata.
E indovinate chi uccise Anka? Proprio lui, quel monaco della compagnia. A sua discolpa posso dire che è stato un errore durante l’allenamento: un giorno si spinse troppo in là e i riflessi della vecchia Anka non erano più quelli di una volta.
Zinmaris era il custode di una delle due chiavi per entrare nell’Osservatorio del Monastero, obiettivo chiave degli avventurieri per poter tracciare altre reliquie per poi distruggerle. Affrontò il monaco, ma pur avendo la possibilità di colpirlo più volte non lo fece mai, preferendo l’umiliazione al dolore fisico.
La meccanica di schivare i colpi a meno che non esca 19 o 20 sul dado è qualcosa di inusuale, di solito abilità che utilizzano il dado puro sono su scelte casuali, tipo sull’azione da compiere quando una creatura è confusa. Il fatto di conoscere già dove arriveranno i colpi è un trope in vari anime, film e quant’altro, però l’opera che ricordo meglio che utilizza questo tipo di abilità è Matrix: l’allenamento di Neo contro Morpheus, l’abilità di saltare da un palazzo all’altro, schivare i proiettili, tutto si basa sul “vedere oltre” la realtà. Zinmaris infatti, grazie al suo ki, può trascendere il tempo, seppur in maniera limitata.
Mentre il monaco stava cercando invano di colpire Zinmaris, il resto del gruppo tentava di recuperare l’altra chiave da Krob. La creaturina deforme, in origine un drow (elfo oscuro per i meno avezzi) la stringeva spasmodicamente e l’avrebbe lasciata soltanto da morto.
Ammetto che questa è la mia creatura preferita: non perché sia forte, oppure visivamente spettacolare, ma perché è stato particolarmente divertente da giocare. Ogni sua abilità e ogni sua magia è stata scelta per renderlo elusivo, per divincolarsi dalle prese degli avventurieri e scappare più distante possibile.
Purtroppo non durò tantissimo, una creatura così malformata non ha troppi punti ferita, ma fece fare più giri attorno alla biblioteca ai suoi avversari, addormentandone uno prima e spaventandone un altro dopo, creando immagini speculari, spargendo grasso a terra. Spirò appeso su una libreria da un kunai lanciato dall’altro monaco del gruppetto, con mio grande dispiacere.
L’ispirazione per la parte comportamentale fu ovviamente Gollum, aggiungendo per la parte visiva anche Efialte di 300 (il coso deforme): pur portando i solenni paramenti del Culto dell’Occhio e della Mano (i cattivi che vogliono reincarnare Vecna), corre a tre zampe, stringendo con l’altra la grossa chiave dorata al petto. La sua pelle, di solito per i drow scura e liscia, è cosparsa di bubboni e profonde cicatrici, disegnando un malsano reticolo violaceo nei lembi di pelle non coperti dalla lunga cappa scura.
Torniamo al covo della Scuola Astrale per incontrare questa creatura (ahimè) rimasta imbattuta. Il pozzo che forniva acqua corrente all’ultimo bastione della Scuola Astrale era collegato ad una serie di caverne sotterranee che si snodavano in profondità nella nuda roccia. Da queste caverne, disturbata dall’interferenza degli uomini, risalì un’antica idra trovando dimora in un pozzo di drenaggio vicino alle prigioni.
Anche lei venne pian piano corrotta dal potere di Istus: oltre a fornirla di un certo potere magico, capace di far cadere sugli avversari pilastri di luce incandescente, l’aveva mutata in un essere aberrante. Lungo l’addome si apre un’altra enorme bocca, irta di denti aguzzi, pronta a fagocitare qualsiasi cosa gli arrivasse a tiro. Il corpo è interamente coperto di scaglie che vanno da un bianco argenteo ad un grigio ardesia, resistenti come l’acciaio. Le otto teste sono contornate da lunghe zanne irregolari e una coppia di occhi ognuna, occhi molto simili a quelli del minotauro.
Rileggendo le caratteristiche di questa creatura, probabilmente sarebbe stata mortale per il gruppo di avventurieri: per ogni turno può attaccare tante volte quanto il numero di teste ancora attaccate al corpo, infliggendo danni da impatto e da acido al bersaglio. E questo quando è tranquilla. Quando è agitata invece carica verso un punto per la stanza agitando le varie teste come delle fruste, e ogni creatura a tre metri dall’idra rischia di subire un dado di danno per testa. Fortunatamente è stata ignorata e lasciata tranquilla a sguazzare nella sua palude.
Non credo che serva specificare l’ispirazione per l’Hydra: la creatura è presente nella mitologia greca, collegata al mito di Ercole, dove viene descritta come un serpente marino anfibio a nove teste. Nella concezione medievale invece il termine idra è usato per descrivere generici draghi a più teste. Riguardo alla bocca sull’addome, l’idea arriva dal Gaping Dragon di Dark Souls (Drago Famelico in italiano), creatura tanto spaventosa quanto purtroppo scarsa.
Per la parte di abilità ho miscelato parti dell’idra originale di D&D (la potete trovare a pagina 190 del MM) a parti del Leviatano (a pagina 198 del MTF), aggiungendo in più la meccanica della bocca sull’addome, che si può trovare su varie creature, per esempio il Froghemoth.
Ma torniamo un attimo a Midgard: a sud-est dell’Impero si trova la città di Cayhrst, costruita su palafitte collegate tra loro da una ragnatela di ponti e passerelle. Cayhrst non è proprio il luogo più sicuro dell’Impero: tra le bancarelle del mercato principale si possono trovare articoli di contrabbando, droghe e alcolici vietati in altri luoghi, e sono tollerati, se non proprio consentiti, il gioco d’azzardo e la prostituzione. E chi poteva poteva piantare radici in un luogo come questo? La Gilda dei Ladri ovviamente: qui si trova infatti il loro quartier generale, comandato dall’intrepido Taithu, un ladro con abilità quantomeno singolari.
Ma la Gilda non era l’unica a trasgredire la legge in quel di Cayhrst: da qualche mese anche un altro gruppo di malfattori, più violenti e più diretti della Gilda, minacciavano e chiedevano il pizzo ad abitanti e mercanti della città. Si facevano chiamare la Brigata delle Catene.
A capo di questa organizzazione criminale si trovata Meiros l’Incatenato. I nostri eroi l’hanno affrontato dopo essere penetrati nel covo della Brigata per recuperare la spada senziente del paladino del gruppo, rubata nottetempo.
Meiros è un umano sui trent’anni, la pelle olivastra porta i segni di centinaia di battaglie. I capelli neri alle spalle sono raccolti in una coda dietro la testa da un nastro rosso. Porta pantaloni di pelle scura, rinforzati da elementi di cuoio più rigido. La cosa particolare di Meiros è che non indossa nessuna giacca o maglia, ma soltanto una lunga catena che avvolge tra le braccia. La sua abilità con quell’arma è conosciuta e temuta da chi l’ha visto combattere: sferza la catena sull’avversario, bloccandolo e impenendone ogni movimento. Ha abbastanza forza sulle braccia da tirare un avversario avvolto nelle catene verso di lui e usare il momento per assestare un pesante colpo con l’altro braccio.
Meiros è l’avversario più forte che il gruppetto che gironzolava per Midgard avesse mai affrontato, più per sfiga per altro, perché nelle prime fasi del combattimento Meiros (cioè io) tirò dadi molto buoni, tenendo almeno un avversario bloccato nelle catene per svariati turni. Al combattimento si aggiunse anche Gronk, un ogre non proprio sveglio, ma parecchio forte, che sbatacchiò per un po’ il gruppo con un tronco d’albero che usava come mazza, almeno finché non scoprì di essere innamorato della tiefling paladina, che prese sotto braccio, cercando di portarla via con sé.
Il risultato del combattimento fu devastante: la maghetta esalò il suo ultimo respiro, altri si trovarono più di una volta sull’orlo del baratro, e quando riuscirono ad abbattere Gronk nessuno di loro aveva più le forze per combattere.
Tra tutte le creature, Meiros è la più originale: ha dei tratti alla Spiderman, un’intelligenza tattica degna di un boss criminale, alcune abilità del Roper (lo trovate a pagina 261 del MM), il tutto amalgamato da una buona dose di coattitudine, come solo un capo mafioso può essere. Morì con il bastone del monaco che entrava dalla bocca e usciva dalla nuca, accompagnato dai pesanti insulti del resto del gruppo. Povero Meiros, stava solo offrendo protezione.
E per concludere la carrellata, torniamo alla Scuola Astrale: dietro Arlathan, dietro il minotauro, dietro la corruzione che serpeggia in quei corridoi c’è lei, Istus, una semidea che ha accettato un potere proveniente dai piani esterni. Creò la Scuola Astrale e i suoi dettami, allungando i suoi tentacoli fino ai confini del regno, controllando e regolando i giochi di potere delle varie famiglie.
In origine, la lunga veste dorata e i capelli dello stesso colore adornavano la pelle scura della semi-divinità. La corruzione la cambiò: la tunica divenne argentea, lei stessa ci ricamò un motivo a costellazioni, mentre i capelli divennero bianchi come la neve. Gli occhi dall’iride violacea divennero completamente neri e, similmente a quelli dell’idra e del minotauro, cosparsi di piccoli puntini luminosi. Portava con sé le sue due armi ancestrali: una lunga lancia capace di volare e attaccare in autonomia e un temibile arco lungo, entrambi infusi del potere dai piani esterni.
Istus comparve alla morte di Arlathan, suo primo accolito, per proteggere l’Astrolabio, lo strumento che le permetteva di canalizzare il suo potere. Ma dire che comparve non è del tutto corretto: spostò la stanza e i suoi avversari nel piano che governava. I nostri eroi si trovarono a combattere un’imponente semidea sopra un disco di pietra: al di fuori c’era un vuoto senza fine. Sospeso sopra di loro l’Astrolabio che, ruotando le varie lenti, canalizzava il potere in un raggio al centro della stanza.
L’arena era molto figa, ma aveva un effetto collaterale: ad ogni inizio turno e ogni volta che veniva colpito da Istus, il personaggio accumulava un punto di follia. A cinque punti, durante il suo turno, effettuava un’azione casuale, che poteva essere paralizzarsi in preda al terrore, attaccare la creatura più vicina, o perdere conoscenza all’improvviso.
Le caratteristiche di Istus sono estremamente alte perché è stata pensata come un boss non da battere. Prima di cominciare il combattimento, infatti, Istus aveva sottoposto i suoi avversari ad una scelta: unirsi a lei o perire. Ovviamente, i nostri eroi scelsero perire.
E così fu, gli attacchi dell’arco fecero parecchie vittime, ma quello che non sapevano è che quando un avversario viene ucciso da Istus ritorna in vita sotto il suo comando, volente o nolente. Così ben presto il combattimento si trasformò in una grossa rissa, mentre Istus osservava divertita la scena.
Dopo un bel po’ di turni rimasero soltanto due monaci a picchiarsi a vicenda sopra la lente principale dell’Astrolabio. Ed è qui che successe quello che non avevo previsto: il monaco non ancora controllato da Istus, grazie ad un amuleto che aveva ricevuto in una delle prime sessioni, attaccò più volte la lente, rompendola. Entrambi furono vaporizzati dall’esplosione dell’Astrolabio, ma anche Istus risentì il colpo: il ricettacolo della sua forza era distrutto.
Istus è una delle divinità ufficiali di un popolo nell’ambientazione di Greyhawk, ritoccata per essere in qualche maniera affrontabile. Gran parte delle abilità è tratta dal Solar (a pagina 18 del MM), con qualche aggiustamento soprattutto visivo per inquadrarla meglio. A posteriori, Istus era davvero troppo forte perché il combattimento fosse divertente: l’attacco dell’arco era mortale nella maggior parte dei casi, rendendo il tutto frustrante, e sbagliai io a voler forzare una certa scelta senza dare troppe alternative sensate.
Questo è quanto, il frutto dei miei vaneggi da Dungeon Master. Non sono tutte le creature che ho creato, sono quelle più uniche o strane, come nel caso di Krob. In canna ne ho qualcun’altra di molto buona, ma non è ancora venuto il momento di rivelarla. Non vorrei rovinare la sorpresa a qualcuno.
Devo ammettere che trovo grande gioia e divertimento nel vedere i vari giocatori affrontare queste bestiacce, spesso in modi che non mi aspetto, a cui devo adattarmi. Questo è un assioma di D&D (e dei giochi di ruolo in generale): puoi prepararti quanto vuoi, ma sicuro che i giocatori troveranno un altro modo per fare le cose. Ne pagheranno sicuramente le conseguenze, ma fintanto che si divertono (e mi diverto) chi sono io per comandarli a bacchetta?