Negli ultimi mesi, soprattutto in territorio americano, sta infuriando una protesta che sorvola ogni barriera di partito, di religione e di pensiero: la protesta per preservare la net neutrality. È una battaglia di pensiero, quasi filosofica, tra comuni utenti di Internet e grossi provider via cavo, che in un grande cliché risultano come i cattivi della storia.
Per capire a fondo di cosa si tratti bisogna balzare all'indietro, fino all'Ottocento, quando Internet non esisteva, i memes si chiamavano vignette satiriche e l'unica forma di telecomunicazione esistente era il telegrafo. Sì: punto punto linea punto, una volta si comunicava così.
Già allora le comunicazioni erano regolamentate con una semplice e limpida legge, che recitava circa così: ogni messaggio, che esso sia proveniente da un singolo individuo, una compagnia od una corporazione, dovrà essere trasmesso in modo imparziale nell'ordine di ricezione, indipendentemente dalla linea telegrafica utilizzata.
Si erano gettate le basi per un network imparziale, dove l'utente è sempre l'utente senza tener conto di alcun fattore, una rete neutrale. Da qui appunto net neutrality. Già a quei tempi non era davvero neutrale, infatti una clausola un po' più in basso diceva che la regola soprastante non era valida per i messaggi governativi, che avrebbero avuto la priorità su tutto. Un compromesso a cui si può sottostare senza problemi.
Nell'accezione moderna del termine non è il governo ad avere il controllo della Rete, ma bensì i provider, coloro che forniscono una connessione Internet a tutti noi.
Questi provider si sono resi conto dell'enorme quantità di dati che passa attraverso i loro cavi, dati che però al momento sono sigillati da una debole legge stabilita dalla FCC (Federal Communications Commission, la commissione americana per le telecomunicazioni); stanno perciò forzando la commissione a redigere una nuova legge a loro favorevole, che permetterà loro di prendere il traffico, al momento omogeneo, e dividerlo in varie linee in base al contenuto, alla destinazione e al richiedente.
Di fatto la manovra permetterebbe loro di calcare la mano, quasi estorcere su due diversi fronti.
Dalla parte del consumatore, ovvero noi stessi, ci saranno linee di serie A e linee di serie B, non soltanto in termini di velocità ma anche di contenuti, bloccando completamente certi siti o servizi. Provate ad immaginare: oltre a pagare centinaia di dollari per la vostra linea, per accedere a Facebook dovrete acquistare un pacchetto "Social", per le mail il pacchetto "Gaming" e così via.
Dalla parte del fornitore di servizi invece richiederebbero una tariffa (perché è brutto chiamarlo pizzo) per far comparire il sito agli utenti che servono. Praticamente chiderebbero a Google di pagare per essere Google. Tale operazione però non verrebbe fatta da un singolo provider, ma da tutti, avanzando pretese più o meno lecite.
Ovviamente anche i provider hanno i loro motivi per modificare la legge di cui abbiamo parlato sopra.
I signori invitano gli oppositori di non vivere di estremi, affermando che una situazione di scissione della qualità della Rete non potrà mai verificarsi. Inoltre sostengono che certi medium hanno bisogno di particolari accorgimenti per garantire una corretta transmissione, e appunto sostengono che la possibilità di modulare la banda consentirà loro di fornire un servizio più performante.
Un esempio di media particolare sono tutti i device appartenenti alla famiglia dell'Internet of Things: spesso queste tecnologie sono studiate per comunicare più velocemente possibile alleggerendo i pacchetti di dati, per far sì che l'utente finale goda di una responsività quasi naturale. Questi dati vengono rallentati o addirittura persi tra il traffico ben più massiccio della navigazione Web o il file-sharing, per esempio. Questi sono problemi bloccanti in certe specifiche applicazioni, per esempio i robot chirurgici, dove il medico operante non deve aver in nessun modo ritardi o imprecisioni nei comandi.
Altro punto sul quale spingono, sebbene molto più debole, è di tipo filosofico: Internet è la piattaforma aperta e libera per definizione, che senso avrebbe stilare regolamenti stretti sul suo utilizzo?
Tutti argomenti buoni naturalmente, ci si potrebbe quasi fidare. Peccato che i maggiori espositori sono proprio le grosse aziende di telecomunicazioni, che non vedono l'ora di spartirsi la grossa torta della Rete.
La situazione nei nostri territori è regolamentata invece dall'Unione Europea (l'ente in questo caso si chiama BEREC), con norme ben più rigide e delimitate, con confini ben tracciati per le TelCo e gli ISP: in poche parole non è permessa nessuna corsia preferenziale a pagamento, mentre è consentito creare delle linee specializzate, a patto di non influenzare la qualità generale del servizio, delle quali fanno parte i servizi IPTV e i servizi di chirurgia remota che sono stati citati sopra.
Quindi per ora possiamo stare tranquilli, anche se certi fornitori di servizi mobile hanno già cercato di evadere dalle sbarre legislative, fortunatamente con accezione positiva: infatti è comune tra le offerte mobile che l'operatore non tenga conto del traffico verso un certo servizio nella somma totale del piano dati. Quindi la neutralità non è rispettata infrangendo il principio di uguaglianza della destinazione.
In poche parole hanno trasformato la Rete nel loro mezzo pubblicitario, uno strumento da sbandierare per attirare quanti più clienti possibili. Se questE rimangono le limitazioni ben venga, esiste però la preoccupazione che diventi una testa di ponte per limitazioni e tagli in un futuro.
Le grandi lobbies delle telecomunicazioni comunque non se ne stanno tranquille nei loro uffici, al contrario hanno apertamente minacciato l'Unione Europea di bloccare lo sviluppo del 5G nel caso fossero varate norme troppo costrittive nei loro confronti. Si è trattato di un accordo tra provider e regolatori europei per consentire agli utenti finali di vivere la Rete nella sua interezza, lasciando comunque una certa libertà alle varie Telecom di sperimentare e innovare.
Cosa potremmo fare se la net neutrality venisse violata? Prendendo spunto dai colleghi americani, che hanno prontamente contatatto i membri del Congresso, potremmo scrivere al Ministero dello sviluppo economico, responsabile tra le altre cose delle comunicazioni di posta, radio, televisione e Internet. Allo stesso modo si potrebbe contattare l'AGCOM, il garante nelle comunicazioni, e le varie associazioni di consumatori, tra le quali UNC, ConfConsumatori e Codacons.
Ci sono ovviamente anche associazioni no-profit per la difesa dei diritti della Rete, sia a livello mondiale che europeo, e una di quelle più famose è la Electronic Frontier Foundation. In passato hanno portato avanti grosse battaglie per la libertà di espressione e di parola tramite mezzi elettronici ed hanno ampiamente contribuito a creare Certbot, Let's Encrypt fornisce agli sviluppatori certificati gratuiti e moderni per creare una Rete più sicura. Potete star certi che, nel caso venisse compromessa qualsiasi tipo di libertà, loro saranno a combattere in prima linea.
Infine, assieme a queste associazioni ad ampio spettro esistono altri enti più concentrati sui diritti dell'Internet e in particolare sulla Net Neutrality: sono l'europea Save the Internet e l'americana Battle for the Net.
Qualunque sia il metodo per venire in contatto con gli enti responsabili della qualità del servizio, bisogna restare vigili e svegli in qualunque momento, perché la possibilità di vedere i nostri diritti sottratti con un colpo di mano è reale ed incombente. Proprio qualche giorno fa tramite la EDRi èvenuto a galla un documento redatto durante i mesi estivi dove l'Estonia invitava gli altri Stati Membri dell'Unione Europea a rafforzare la sorveglianza online e seguire i passi della Cina sulla censura online. Ovviamente un provvedimento del genere distrugge completamente la neutralità della Rete.
Quindi siate pronti, raccogliete informazioni e controllate le fonti, perché la nostra libertà è già in pericolo, e noi ancora non lo sappiamo.