Ogni anno, nel bel mezzo dell'estate, quando si dovrebbero risparmiare i soldini per le vacanze, capita l'evento che porta gioie e dolori a tutti i player: gli Steam Summer Sales.
Tanti, ma proprio tanti, titoli scontati, magari roba che giace da mesi nella tua wishlist, e che ti ritrovi scontata del 50% (nella peggiore delle ipotesi). Ogni anno ci casco, e qualche titolo me lo prendo; qualcosa di molto low cost possibilmente.
Quest'anno mi sono trattenuto particolarmente: ho comprato soltanto tre titoli, e di questi tre parlerò e farò una breve recensione, giusto per usarla come scusa per aver speso altri soldi in passatempi.
Attenzione! Spoilererò molto e senza pietà, quindi se avete in mente di giocare ad uno dei seguenti titoli chiudete rapidamente questo articolo: non voglio avervi sulla coscienza.
A più di un anno dall'uscita e con tutti i DLC ho deciso di tributare ancora una volta il maestro Miyazaki (Hidetaka, anche se il vecchio Hayao merita la sua fetta di rispetto) portando a casa l'ultimo capitolo della serie. Purtroppo, da non possessore di PS3, non potrò mai godermi quella perla che è Bloodborne, però posso sopportare.
Io, consapevole di cosa sarei andato incontro, me lo ero spoilerato tutto su YouTube, l'ho visto giocare dall'inizio alla fine. Sapevo dove trovare certi oggetti, conoscevo i vari nemici e sapevo benissimo chi aspettarmi al di là della nebbia. Tutte queste conoscenze tuttavia non hanno sostituito il dolce disagio nell'avanzare per paura di qualche imboscata, il sublime senso di impotenza davanti a boss di misura gargantuesca. I combattimenti sono accompagnati da un soundtrack degno di nota, che aggiunge spessore all'incontro.
Ho preso la versione con il Season Pass incluso, quindi ho accesso ad entrambi i DLC. In futuro dovrò quindi affrontare la fragile Sorella Friede ed il terribile Midir. Personaggi stupendi, che però sono aggiunte e non conclusioni, come ci si aspetterebbe dal finale di una trilogia.
Proprio alla fine dei tempi salta fuori che il nobile Gwyn ha prodotto figli a destra e a manca, tra i quali Filianore, figlia che ha pensato bene di rinchiudere nella Città ad Anelli per qualche motivo a noi sconosciuto. Ed ancora, cosa sta dipingendo Ariandel? Quale sarà il prossimo mondo?
Purtroppo sono rimasto deluso dai contenuti aggiuntivi: sebbene siano un gioiello come design, a livello di storia lasciano ben poca traccia, anzi contribuiscono ad aggiungere ulteriori domande che non otterranno mai adeguate risposte. Per esempio Gael: un combattimento scenografico, ben distaccato dal tipo di scenografia che reggeva il primo capitolo, però di lui non si sa nulla, solo mere speculazioni.
Giusto per togliermi un sassolino dalla scarpa, Dark Souls III (ed in generale tutti i titoli della serie così detta BloodSouls) non è un gioco difficile. La curva di apprendimento iniziale può essere ripida e le meccaniche numerose e difficili da ricordare, ma d'altra parte il level design fornisce tutti gli strumenti per soverchiare questi ostacoli. A volte può essere frustrante, ma non lo trovo punitivo: sono state costruite alcune zone, spesso opzionali, dove il giocatore è costretto ad affrontare un grande pericolo per avere un premio, però appunto non sono obbligatorie, il giocatore si assume la responsabilità del rischio.
Dietro tutto questo gran splendore c'è l'unica nota tecnicamente negativa: il multiplayer. Anche se non costituisce una componente necessaria per poter completare il titolo sicuramente è una parte importante, ma è stato gestito veramente in modo superficiale da una casa come From Software. Lasciando un attimo in disparte la meccanica delle invasioni ed evocazioni, è proprio il software che fallisce: il lag è onnipresente indipendentemente dalla connessione utilizzata, si verificano spesso disconnessioni, perfino la procedura di accesso al gioco è rallentata da questo problema: lo splash screen con i loghi Bandai Namco e From Software dura meno delle manovre di accesso alla piattaforma online appena successiva.
Tirati i conti ne esce fuori un bel titolone, tanto di cappello From, tanto di cappello. Però ora voglio anche il quarto.
Questo mi attirava da tempo. Sono fan sfegatato dei puzzle game in prima persona (vedi Portal) e attirato dall'entusiasmo del relativamente recente "The Talos Principle" ho cliccato su "Compra" per una seconda volta. Il trailer è bello carico, concitato, e lascia soltanto intuire qualche meccanica. Racconta un accenno di storia, forse un po' troppo. Grazie all'agghiacciante voce sul finale possiamo intuire chi sarà il cattivo. O il buono?
La storia è piuttosto comune nell'ambiente sci-fi: l'AI che controllava la nave spaziale orbitante su Titano ti sveglia dal sonno profondo, bello umido stile Interstellar (da cui attinge a piene mani per altri elementi), comunicando che il team della base sulla superficie non comunica da ore. Una volta arrivati dentro la base si scopre che la struttura è stata modificata, creando dei puzzle che dovrebbero essere risolvibili soltanto da un umano, il famoso test di Turing. Un dubbio già qui ci viene: l'AI ci sta seguendo, finché alla fine del terzo capitolo si ha la conferma: siamo controllati da TOM (questo è il nome dell'AI) tramite un impianto celebrale, cosa che i "terrestri" avevano già scoperto e rimosso per sfuggire dalle sue grinfie.
Ma perché TOM vuole eliminare l'equipaggio? Sotto i ghiacci primordiali di Titano è stato scoperto un batterio. Un batterio parassita con una particolarità unica: ripara il DNA (dei della scienza non me ne vogliate, sono solo foriere di questa vaccata) delle cellule, garantendo di fatto la vita eterna. Il problema sta nel fatto che il batterio in questione non riconosce tra cellule buone o cattive: potrebbe far prolificare cellule tumorali, batteri maligni, virus ed altre pestilenze se portato sulla Terra.
Quindi l'AI, con tutta la sua saggezza analitica, decide di sacrificare la vita di pochi per salvare un intero pianeta. Purtroppo l'uomo, come il povero Dr. Mann di Interstellar, è capace di tutto pur di salvarsi, e l'equipaggio rimanente crea una serie di labirinti, impossibili da risolvere per un computer. Insomma, siamo un vero e proprio cavallo di Troia.
Una delle cose che ho apprezzato di più è che la storia non viene spiattellata interamente, ma la si deve cercare: alla fine di ogni capitolo ci sarà un'area visitabile contenente oggetti interattivi (PC, messaggi audio, diari, oggetti personali) che pian piano mostrano il carattere e la personalità di ogni membro, più qualche interessante background della missione.
Parlando di cose tecniche, la resa grafica è eccezionale. Basato su Unreal Engine 4, fa uso di tutto il suo potenziale per offrire al giocatore un'esperienza visivamente coinvolgente. La base è un agglomerato di superfici luminose, cavi e strani macchinari, le luci sono posizionate magistralmente accentuando l'aspetto già molto asettico dei labirinti. Riguardo al gameplay i puzzle sono, come dire, buoni. Certi livelli, anche verso la fine della storia, sono troppo facili, però le meccaniche di base sono originali, soprattutto durante la seconda parte del titolo. Mancano però di quella scintilla di pensiero fuori dagli schemi: quella stessa scintilla che ti ha fatto salvare dal fuoco quando GLaDOS ti ha tradito.
Ed eccoci alla conclusione, parlando dell'argomento più spinoso: il finale. In conclusione ti lascia in sospeso con una decisione da prendere: o uccidere Ava, la protagonista, e Sarah, l'ultima sopravvissuta, oppure lasciarle passare ed essere disattivato, permettendo loro di tornare sulla Terra.
Il problema è che qualsiasi decisione tu prenda non cambia nulla.
Dopo la scelta compare soltanto un triste messaggio di ringraziamento da parte degli sviluppatori, titoli di coda e menù principale. Ma dico io, bastava così poco, una mezza cutscene, una traccia audio, bastava anche soltanto un testo a video, per spiegare gli avvenimenti futuri, bastava così poco e sarebbe stato veramente un gioco completo, con un antefatto ed una conclusione di ottimo grado. Invece così il titolo risulta troncato male, davvero un'occasione persa.
Attendo un aggiornamento, un DLC, una mod. O magari un seguito.
Non c'è molto da dire su questo titolo: erano settimane che lo tenevo d'occhio, e per i due miseri euro che costava ho deciso di rischiare. Il trailer mi ha attirato parecchio, aveva l'aria di un vecchio sparatutto, nemici con facce quadrettose e texture a bassissimo contenuto di pixel. Inoltre si leggeva chiaramente che parte delle creature che avremo dovuto combattere era arrivata da Marte del vecchio Doom: teschi, insettoni giganti, strutture simil-gotico, tutti con quella strana sfumatura rossastra. L'unica arma è la propria mano che spara daghe, daghe infernali, e tramite queste si deve sopravvivere il più possibile, senza un chiaro scopo.
Prima partita: sono sopravvissuto la bellezza di otto secondi spaccati.
È intenso, dannatamente intenso, pieno di meccaniche nascoste e certamente non spiegate (rocket-jump, bunnyhopping). L'unica cosa chiara è che bisogna eliminare le torrette nel minor tempo possibile, altrimenti ogni manciata di secondi faranno spuntare nuovi spaventosi teschi. Dopo un bel po' di partite mi abituo alla rigida routine per arrivare ad un buon punto e totalizzo 85 gloriosi secondi di vita, grande traguardo. Poi scopro, grazie alla leaderboard online, che il primo ha vissuto per più di mille secondi. Come?
In ogni caso è da apprezzare immensamente lo sforzo grafico compiuto per realizzare il titolo, anche se non sembra. Certe creature sono spaventose (nel senso letterale del termine) e gli effetti grafici gestiti magistralmente tramite un uso accorto degli shader. Anche la resa audio è gestita molto bene: essa si rivela fondamentale per capire da dove arriva il nemico e la compilation di urla e strepiti lo-fi fa rabbrividire.
Per complicare il tutto non esiste una barra della vita, una volta colpito da un nemico è game over. E anche l'arma fa la sua parte: non è hitscan, in cui il proiettile arriva istantaneo, ma ha una velocità di volo (piuttosto bassa tra l'altro), cosa che bisogna tenere costantemente in considerazione; proprio per questo alcuni proplayers nel campo degli FPS lo utilizzano come riscaldamento.
Nonostante l'insensata difficoltà non risulta frustrante, anzi: ti tiene attaccato per ore, con il folle desiderio di rompere i propri limiti e battere un'altra volta il record. In sostanza: grafica primi Anni '90, audio 8-bit, morte istantanea e arma difficile da gestire. Cosa chiedere di più da uno sparatutto?